Uno straordinario punto di convergenza e una sintesi mirabile fra cattolicesimo latino e cristianesimo greco
La cattedrale fu fondata in età normanna tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, su una preesistente e più modesta chiesa bizantina posta al livello della cripta. Restaurata dopo un terremoto e riconsacrata in occasione del passaggio di Federico II, nel corso del Duecento il suo ipogeo fu interessato dalla costruzione della cappella dedicata alla Madonna dell’Itria. La dedicazione a Santa Maria Vergine è documentata per la prima volta durante l’episcopato del celebre dotto e filosofo Barlaam di Seminara, che fu insegnante di greco di Francesco Petrarca.
Nella prima metà del Quattrocento la chiesa fu interessata da consistenti trasformazioni nella parte presbiteriale, con un ampliamento del coro e la costruzione della cappella di San Giovanni Battista, dedicata nel secolo seguente al Santissimo Sacramento. A partire dagli stessi anni del XV secolo furono realizzate nell’edificio numerose sepolture e sacelli delle famiglie dell’aristocrazia urbana e feudale. Nel Cinquecento furono intraprese numerose trasformazioni, fra cui il rinnovamento del coro e della sacristia, per adeguarli alle norme tridentine. Si deve invece alla fase seicentesca la costruzione della scala di accesso alla cripta posta nel braccio sinistro del transetto.
Ai continui restauri resi necessari dai numerosi sismi si accompagnarono anche modifiche significative, come l’apertura del portale barocco di accesso alla cripta da piazza Tribuna. A seguito del terremoto del 1783 si procedette alla ricostruzione di parti consistenti dell’edificio, come il coro e le volte.
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Cappella del Santissimo Sacramento
L’avvio della costruzione della cappella, fondata probabilmente negli anni Venti dei Quattrocento, è da ricondurre alla committenza della contessa di Gerace, Caterina Concublet de Arena
Al di sotto della cattedrale normanna, sul sedime di una chiesa bizantina, ampliata nel 1045, fu ricavato il vano della cripta, con tre bracci della stessa lunghezza, che testimoniano un impianto iniziale a croce greca.
Del fonte battesimale marmoreo, eseguito per volontà del vescovo Ottaviano Pasqua nel 1578, rimane integra solo la vasca in marmo rosa, su cui è scolpito a rilievo lo stemma del committente con leone rampante coronato.
La lastra tombale del vescovo di Gerace Atanasio Chalkeopoulos, colto prelato di origine costantinopolitana vicino al Bessarione, fu realizzata nel 1585 per volontà del presule Ottaviano Pasqua al fine di magnificarne la figura
Il monumento funebre del vescovo Andrea Candida attesta la considerazione che, a quasi due secoli dal suo mandato, era riconosciuta alla sua azione riformatrice nella diocesi
Il monumento celebra la memoria del vescovo di Gerace Ottaviano Pasqua, insigne prelato genovese nipote di Simone Pasqua, cardinale presbitero di San Pancrazio fuori le mura.
Il raffinato rilievo marmoreo, raffigurante l’Incredulità di san Tommaso, è quanto rimane di un più ampio dossale, che rappresenta l’ultima opera calabra del famoso scultore Antonello Gagini.
Il sepolcro di Giovanni e Battista Caracciolo, conti di Gerace nella prima metà del Quattrocento, fu un’impresa molto più tarda, compiuta per mandato di Ferdinando Caracciolo, duca di Airola e conte di Biccheri
Il sepolcro Polizzi è quanto rimane di una cappella, dedicata a santa Maria del Riposo e istituita nel braccio destro del transetto della cattedrale nel 1599.
Nato a Costantinopoli prima della conquista ottomana, decise di trasferirsi in Italia ed entrò a far parte del circolo culturale del cardinale Bessarione. In seguito, divenne vescovo di Gerace e di Oppido
Cittadino di Gerace, dottore in medicina e proprietario terriero, disponeva certamente di molto denaro contante, che prestava a tassi d’interesse vantaggiosi a personaggi importanti, come il signore di Brancaleone.
Figlio ed erede del conte di Biccari, signore anche di feudi in Puglia, Calabria e Abruzzo, fu un personaggio di notevole rilevanza durante la seconda metà del Cinquecento, a cui furono affidati delicati incarichi diplomatici, militari e governativi
Primogenito del conte di Gerace, il nobile napoletano Antonio Caracciolo, Giovanni ereditò i feudi paterni alla fine del Trecento e sposò in seconde nozze Caterina Concublet, figlia del potente signore di Arena e di Mileto
Influente e facoltosa famiglia attestata a Gerace e in Calabria nel secolo XVI, il cui legame con la nobile e omonima casata siciliana è ancora incerto.
Primogenito del conte di Gerace Battista Caracciolo, insieme al padre sostenne dapprima Renato d’Angiò e fu in seguito perdonato da Alfonso d’Aragona, nuovo sovrano di Napoli, che gli concesse l’immunità e altri feudi in Calabria.
Appartenente alla famiglia Mercurio di Gerace e membro del capitolo cattedrale, fu abate di Santa Maria della Croce, cenobio degli eremitani zumbiani di sant’Agostino, nei pressi di Castelvetere (Caulonia).
Appartenente ai Carafa della Stadera, ramo della nobile famiglia napoletana, era parente del celebre Diomede Carafa, membro di spicco della corte aragonese, del futuro papa Paolo IV e di Oliviero Carafa, potente cardinale e arcivescovo di Napoli